Sette giovani interpreti si interrogano sull’inclinazione umana al conflitto e sul concetto di limite umano come frontiera mobile, dando luogo a un gioco di contaminazione reciproca di forme espressive e di discipline. La loro convivenza in uno spazio vuoto e al riparo da un conflitto che si sta consumando all’esterno si trasforma in una danza di contrapposizioni e scontri, in una coreografia di alleanze e sintonie. Ciascuno nell’altro si specchia, ciascuno rifrange l’immagine dell’altro e si avventura nello sconosciuto: far fronte all’Altro. Il dilemma è tra restare o fuggire, nel riconoscere il nemico dentro o fuori di sé, nell’accettare contaminazione e contagio, nel rinunciare all’idea stessa di una pura essenza. L’attrezzo circense emerge sulla scena nel suo carattere più versatile: emblema di rischio e quindi portatore di conflitto, diviene evocazione e segno, è usato in funzione straniante come oggetto scenico e scenografico, assume un valore simbolico e diviene cardine di un registro surreale.
Il processo creativo, centrato sulla danza, sfrutta anche la dimensione in altezza grazie alla risorsa della tecnica circense, utilizza una rilettura di testi scritti, o di testi originali creati dagli artisti, e la produzione dal vivo della musica, che non è solo creazione di una partitura musicale, ma anche e soprattutto sonorizzazione delle voci, dello spazio, dei corpi, degli oggetti, dell’attrezzo circense: le elaborazioni elettroniche sono così a tratti protagoniste del paesaggio sonoro, a tratti contrappunto di percussioni e chitarre, gli strumenti delle esecuzioni dal vivo.