La musicista contestualizza la sua creazione in uno spazio scenico suddiviso in tre aree che rappresentano Passato, Presente e Futuro, interagenti fra loro e in un rapporto di reciproca influenza spaziale e concettuale.
Se il Presente, situato in posizione centrale, racconta l'isolamento dell'individuo/artista durante il periodo del lockdown, come ricreando la stanza dell'artista predisposta alla manipolazione elettronica dei suoni, il Passato, spazialmente arretrato, è la postazione del violoncello, è la sacralità della Memoria, quasi la composizione un'immagine mistica. In posizione sopraelevata si staglia l'altare di Polimnia, il Futuro, la consolle della dj/sacerdotessa, luogo di una vera e propria performance nella dimensione del dj set. L'interazione tra luce dedicata e musica amplifica le dimensioni emotive e narrative di ogni sezione: come il Presente è in un'intima penombra, la luce posteriore a forte contrasto del Futuro non permette di scorgerne il volto ignoto, ma ne lascia intuire solo la sagoma.
Il violoncello crea un movimento spazio-temporale senza soluzione di continuità, come ispirato dalla fisica contemporanea e dalle intuizioni delle antiche discipline orientali. L'artista vola in bilico tra questi tre momenti sulle ali della necessità espressiva che la musica, e Polimnia, impongono.