Gelsomina Dreams è un’opera volta ad una reinterpretazione in chiave contemporanea delle atmosfere che hanno rappresentato per la cultura italiana e per il mondo intero il patrimonio immaginifico e l’eredità iconografica lasciati dal grande maestro Federico Fellini, di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita.
Da sempre il teatrodanza è l’elemento fondante del lavoro della compagnia, posto al servizio di un’indagine sulle tematiche dello spiazzamento, del disequilibrio, del fuori luogo e della ricerca di una dimensione onirica di costruzione delle scene, dei movimenti, dei testi, della musica. Non solo la messa in scena e la composizione coreografica sono infatti oggetto di tale ricerca, ma anche la produzione testuale e musicale dal vivo si determinano col progredire della scrittura drammaturgica, in una dinamica di fusione e di reciproca interdipendenza. Lo spettacolo prevede così la presenza di artisti provenienti da discipline differenti: lo spettacolo è realizzato da danzatori, attori, artisti di circo contemporaneo, con un’alta competenza coreutica, e musicisti, che lavorano alla creazione della partitura e del ritmo attraverso composizioni originali live. In scena un violino, un violoncello e una tromba, oltre alla musica meccanica di un carillon e di un organetto di Barberia, oltre ad alcuni testi poetici che vengono armonizzati attraverso sonorizzazioni elettroacustiche.
La scrittura della musica è partita da un lavoro di ascolto e di studio dei brani di Rota (La dolce vita, Le notti di Cabiria, 8½, La strada) ed è approdata a tratti alla loro rielaborazione elettronica in una chiave aderente al presente, con un utilizzo significativo del campionamento e la volontà di accogliere e coinvolgere diverse estetiche musicali, in un viaggio dal passato al presente, che è un tema centrale di tutta la creazione.
Le musiche vengono elaborate contemporaneamente alla scrittura delle scene, in quanto parte integrante della costruzione drammaturgica e coreografica della regista. Compresenti così sono il suono analogico, fisico, concreto degli strumenti classici e la sua restituzione mediante l’uso del digitale, con impiego di fonti diverse: la musica dei brani di Rota ma anche il campionamento di alcuni oggetti di scena, come il carillon dalle cui note, in questo spettacolo, prende il via il sogno di Gelsomina.
Il lavoro trae ispirazione anche dagli aspetti più umani ed emotivi del mondo di Fellini (come la sua relazione con la moglie Giulietta Masina o la sua fascinazione per il mondo soprannaturale, tra amuleti e cartomanti) e, nelle prove, dal potenziamento creativo di elementi e segni che emergono dall’improvvisazione degli interpreti sui temi condivisi, spinti ad accompagnare e condurre per mano lo spettatore in una dimensione più profonda, inconscia, sospesa, a tratti spiazzante. Nelle parti testuali sono state utilizzate poesie di Louis Borges, portatrici di tematiche vicine all’universo felliniano: la finzione, il doppio, il sogno, quella “estetica attiva dei prismi, capace di forgiare un’estetica passiva degli specchi”, attraverso il ritmo e la metafora. Agli interpreti non viene chiesto il calco di una maschera, ma una reinterpretazione contemporanea e personale del sogno di una Gelsomina dell’oggi: femminile e maschile vengono fusi nella creazione di alter ego esposti a una lettura ambivalente e frutto di una sensibilità che li vede interscambiabili, fluidi, mobili.
La drammaturgia poggia sul sogno di Gelsomina, una giovane donna/bambina eterea e visionaria, portatrice di un sentire in continua evoluzione. Il suo viaggio onirico dà vita ad una proiezione sospesa, e mai narrativa, di personaggi in bilico tra il glamour in stile dolce vita e il mondo della strada, mescolando visioni circensi ed elementi di teatralità alle coreografie. ll dialogo tra discipline e linguaggi è teso alla ricerca di questi mondi paralleli. I personaggi che trascinano Gelsomina nascono da un immaginario di variegate umanità, attingendo ad alcune maschere create dal regista, incarnazioni di una semantica di contraddizioni, inclinazioni e desideri. Il sogno rappresentato da una Gelsomina bambina; la femme fatale in bilico tra aspirazione e caduta e il suo alter ego maschile; un archetipo di seduttore che è allusivamente incarnato da tre uomini; la figura dell’artista di strada col suo canto; la diva e amante, che oscilla al trapezio tra le strutture scenografiche; la caotica schiera mondana oggetto dell’interesse del paparazzo e una coppia di amanti forse ancora apparizione del vagare perso e malinconico della protagonista.
L’ambientazione in cui i personaggi si muovono è sospesa, senza tempo, semplificata nel suo definirsi in un confine di luci e ombre, e contiene alcuni semplici elementi allusivi di un set cinematografico dismesso di felliniana memoria, e di una strada quale teatro delle umane passioni. Luci e scenografie abbandonate, lo scheletro di una struttura praticabile e mobile sulla scena, un carretto, un organetto di Barberia, un carillon, i costumi, gli attrezzi circensi, convergono a definire uno spazio simbolico insieme mitico e profano. I suoni e le musiche sono complementari alla scena, parte integrante del sogno, sua trasposizione uditiva, e hanno la funzione di partitura ritmica ed emotiva, facendo emergere il movimento e il montaggio dei diversi quadri. Proprio grazie ad alcune tecniche aeree l’attrezzo diventa strumento per una visione pittorica dello spazio, restituendo molteplici dimensioni, e diventando scenografia, costume e segno insieme. Nella sua chiave più concreta di raffigurazione di un mondo evocato, o nella forma più stilizzata di gesto poetico, nasce una poliedrica visione di cui luce, suono, danza e movimento teatrale sono i cardini per una costruzione onirica, così vicina al mondo cinematografico di Federico Fellini.